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«La CSR corre sul cavo degli stakeholder»

«La CSR corre sul cavo degli stakeholder»

Intervista a L.Caruso ,Communications Director, sul percorso intrapreso dal Gruppo in tema di sostenibilità e sulle ultime novità sulla disclosure non finanziaria

Milan   -   05 Lug 2016

Da diversi anni Prysmian Group ha intrapreso un percorso di crescita e valorizzazione di tutti gli ambiti della sostenibilità. In particolare, negli ultimi mesi Il Gruppo ha messo in atto numerose iniziative come il miglioramento della governance sulla sostenibilità, una più puntuale analisi dell’impatto delle proprie attività, l’adozione di nuovi KPIs per la misurazione delle azioni, il miglioramento della disclosure e la realizzazione di iniziative di Multi-Stakeholder Engagement. Lorenzo Caruso, Communications Director, racconta in una intervista a Etica News il percorso intrapreso dal Gruppo e commenta le ultime novità sulla disclosure non finanziaria.

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Aveva fatto parlare (positivamente) di sé con il programma YES (Your employee shares), la vendita di azioni del gruppo a condizioni agevolate per i propri dipendenti che aveva l’obiettivo di aumentarne la vicinanza, il coinvolgimento, il senso di appartenenza e la comprensione del business. Ma di passi verso una governance intonata alla CSR e al rapporto con gli stakeholder il gruppo Prysmian ne ha fatti anche altri (oltre al bilancio di sostenibilità redatto secondo le linee guida del G4) . L’operatore mondiale nel settore dei cavi e sistemi per l’energia e le telecomunicazioni ha organizzato a Milano il primo evento di multi-stakeholder engagement sui temi della sostenibilità, che ha consentito di individuare gli impegni e le tematiche prioritari per gli stakeholder esterni. I risultati di questa e di un’analoga survey interna hanno consentito di realizzare la prima analisi di materialità. Dal punto di vista della responsabilità economico-finanziaria, le relazioni con il mercato finanziario sono state molto intense, con oltre 400 incontri con investitori istituzionali. Inoltre, il gruppo si è dotato di un Codice di condotta commerciale, volto a diffondere lungo l’intera catena di fornitura pratiche di business responsabili attraverso la definizione di principi di responsabilità economica, ambientale e sociale. ETicaNews ha intervistato Lorenzo Caruso, responsabile Comunicazione e Sostenibilità di Prysmian Group.

Come cambierà la Csr e il ruolo del sustainability manager per effetto della direttiva non financial che sarà introdotta a partire dal prossimo anno?

Credo sia importante partire da un assunto: la sostenibilità, a livello di società civile così come di business, non è solo disclosure, non è solo raccontare quello che si fa o si vorrebbe fare, è piuttosto un approccio che deve portarti a migliorare il tuo modo di fare le cose portando benefici alla comunità, e non dovrebbe essere dettato da obblighi normativi. La nuova direttiva sulle non financial information potrà aiutare le società non strutturate a dotarsi di un sistema di rendicontazione e quelle già organizzate a tendere a un continuo miglioramento, definendo iter approvativi e attribuendo responsabilità in seno all’azienda. Questo obbligo normativo può essere considerato un motore per il futuro e contribuire a fornire agli investitori un ventaglio di informazioni più ampie riguardo alla carta di identità delle società.

Come cambia la Csr e il ruolo del sustainability manager per effetto del traino degli investitori?

Per ogni società quotata gli investitori rappresentano uno stakeholder chiave, sicuramente uno dei più rilevanti. La loro voce è conseguentemente molto forte e il processo che si è palesato negli ultimi anni testimonia un interesse sempre crescente verso la sostenibilità del business, sia da parte dei social responsible investor sia da parte degli investitori tradizionali. Personalmente ritengo proprio questo un aspetto chiave, il fatto che chi è impegnato a creare valore finanziario, come gli investitori, mostri interesse per gli aspetti di rendicontazione non finanziaria. Questo dimostra la forte correlazione fra questi due mondi e il fatto che un’azienda sostenibile abbia più opportunità delle altre di creare valore nel tempo. Ne è prova sia il Dow Jones Sustainability Index, che sempre più sta diventando un barometro di valutazione di performance finanziarie e non finanziarie, sia il trend di integrazione di analisi non finanziarie da parte di molti indici finanziari di riferimento come Bloomberg o Thomson Reuters.

Quale consapevolezza ha l’azienda dell’importanza strategica delle variabili non financial (environmental, social e governance)?

Il Gruppo Prysmian ha ormai una consapevolezza consolidata. Come gruppo multinazionale che opera in vari mercati in tutto il mondo abbiamo iniziato a discutere queste tematiche una decina di anni fa, partendo a livello di reporting nel 2009 con un bilancio ambientale. Con il tempo ci siamo strutturati sempre di più, facendo crescere il nostro impegno in termini di processi, azioni e conseguentemente di rendicontazione. Oggi la sostenibilità in Prysmian è correlata a tutte le attività operative e di business, dalla governance all’innovazione, dalle operations alle attività finanziarie, e la sua strategicità è dimostrata da una governance che attribuisce al consiglio di amministrazione le decisioni sulle azioni da intraprendere. Il nostro piano di sostenibilità si ispira direttamente agli Obiettivi di sviluppo sostenibile al 2030 dell’Onu e si pone degli obiettivi quali-quantitativi di medio-lungo periodo che mettono a terra una strategia che anno dopo anno punta a ottenere risultati sempre più impegnativi e condivisi.

Come cambia la Csr e il ruolo del sustainability manager per effetto del traino dei consumatori?

Come ho detto, la responsabilità sociale permea tutta l’azienda, e sempre di più tutta la filiera. Non è solo un discorso legato ai consumatori, che nel caso di una B2B può fermarsi a un’altra industria piuttosto che essere esteso al consumatore finale, è un discorso legato alla catena di fornitura, ai prospect, alle comunità, a chi lavora per un’azienda e a chi considera di poterlo fare in futuro. È un concetto di prospettiva e di punti di vista. È chiaro che così come per gli investitori, la visione di un cliente è assolutamente fondamentale, anche perché la sostenibilità rappresenta un’opportunità di business: uno degli aspetti legati al nostro settore è rappresentato, ad esempio, dall’applicazione del Life cycle assessment alle varie tipologie di cavi, monitorando gli impatti ambientali della vita intera del prodotto e rispondendo in questo modo alle esigenze di clienti come le utility, che interrando o immergendo cavi sott’acqua hanno la necessità di gestire un prodotto ecosostenibile. Mi piace però notare come in questa partita il cliente non sia il driver principale, o la conditio sine qua non per innescare determinati processi. La sostenibilità è un tavolo al quale siamo seduti tutti, le aziende e i loro stakeholder, ma soprattutto noi individui in prima persona. E affrontarla responsabilmente, dalla più piccola azione personale al più complesso dei processi industriali, è l’unica strada percorribile.

Quale integrazione ha sviluppato l’azienda nel reporting delle variabili non financial (capitale umano, intellettuale, sociale e territoriale)?

A oggi, la sostenibilità è un elemento che si integra completamente con tutte le funzioni aziendali e coinvolge diversi aspetti del business. Per Prysmian essere sostenibili significa esserlo a 360 gradi coinvolgendo maggiormente i diversi aspetti del business in materia di sostenibilità e inserendo all’interno del proprio reporting variabili non finanziarie collegate ai diversi capitali aziendali. I benefici di un approccio sostenibile si possono misurare sia in termini ambientali sia in termini di benefici per i dipendenti, per la comunità e il territorio così come per lo sviluppo aziendale. Questa interconnessione ci permette di valutare al meglio i nostri rischi e opportunità legati alle performance non finanziarie e di orientarci sempre più verso una vera e propria strategia di sostenibilità.